Benvenuti in Letteratura e dintorni!

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Università aperta Giulietta Masina e Federico Fellini ha sede a Rimini e si occupa da anni di educazione permamente per un pubblico vasto e variegato per età, inclinazioni e interessi. Questo blog è dedicato in particolare a tutti coloro che frequentano, hanno frequentato o vorrebbero frequentare i nostri corsi di scrittura ma anche a tutti coloro che amano leggere, scrivere, confrontarsi su argomenti letterari.


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giovedì 25 novembre 2010

SCUOLE DI SCRITTURA SÌ, SCUOLE DI SCRITTURA NO.


Negli ultimi vent'anni circa abbiamo assistito al diffondersi anche in Italia di scuole, seminari, laboratori di scrittura creativa. Per non parlare dei siti internet dedicati alla scrittura creativa, uno per tutti: Vibrisse di Giulio Mozzi. Nonostante questo tipo di insegnamento cominci ad entrare nelle scuole e nelle università, attorno a questo fenomeno c'è ancora molto scetticismo.
Ritengo sia giusto però distinguere tra le scuole cosiddette "professionali", come la Scuola Holden, e i  laboratori e seminari organizzati da associazioni culturali, biblioteche, eccetera. La Scuola Holden propone un'offerta diversificata di corsi, della durata anche pluriennale, al termine dei quali si è professionalmente preparati per svolgere il "mestiere" della scrittura, anche in ambiti come la televisione, il cinema, il teatro. Altra cosa sono i laboratori o i seminari di poche lezioni, frequentati più che altro da persone che ad un certo punto della loro vita decidono di avvicinarsi al libro non più o non solo da lettori ma anche da scrittori. Spesso comunque, tanto in un caso quanto nell'altro, queste persone hanno un sogno nel cassetto: quello di diventare scrittori. A proposito delle scuole di scrittura creativa vorrei proporvi i pareri di due scrittori: Erri De Luca e Michele Mari (da prendere naturalmente per quello che sono: due opinioni) .
 Erri De Luca in "Tentativi di scoraggiamento (a darsi alla scrittura)" dice:
"[...] Non  consiglio corsi di scrittura, ma invito a imparare una seconda lingua. Ci sono altri modi, e meno costosi, di praticare l'umiltà dell'apprendere. Il valoroso allievo di un hasid, titolo di sapienti ebrei dell'Europa orientale, veniva spedito a intraprendere il suo "oprichten goles", l'esilio volontario. Nel vagabondaggio solitario, lontano da biblioteche e scuole, nel rischio aperto e quotidiano di cedere, smarrirsi, avviene il perfezionamento o la disfatta. Corso di scrittura è questo modesto sbaraglio, accettato senza condizioni. Per mare non ci stanno taverne. Non consiglio corsi di scrittura ma invito a imparare una seconda lingua. E' un'esperienza che ho fatto per inseguire poeti nella loro tana. [...]"
In due diverse interviste a Michele Mari vengono poste le domande che seguono:
"[...] A questo proposito, cosa pensa delle scuole di scrittura creativa, attualmente molto di moda?
Sono piuttosto scettico; ho una visione romantica e decisamente solipsistica della letteratura, per la quale credo ci voglia una fortissima vocazione e anche molto autodidattismo: è innanzitutto fondamentale leggere, leggere, leggere. Il fatto che queste scuole abbiano sempre più successo mi stupisce un po’, perché mi sembrano una scorciatoia. Mi verrebbe da dire, a tutti quelli che pagano fior di milioni per frequentare queste scuole: “Prima passate tutta l’infanzia e tutta l’adolescenza a leggere la letteratura di mezzo mondo e poi vedete se vi viene voglia di entrare nello stesso arengo e cimentarvi con gli autori che avete amato”. Secondo me, poi, lo scrittore non deve avere troppe consapevolezze: se ancor prima di scrivere un raccontino o una favoletta già conosce le teorie narratologiche c’è qualcosa che non va, mi sembra.[...]
[...] Lei insegna letteratura italiana alla Statale di Milano. Cosa pensa della "moda" degli esordienti che sembra ossessionare la nostra editoria?

"Mi pare effimera e costruita, molto legata al successo delle scuole di scrittura e a un massiccio intervento degli editor. Non dico che molti libri vengano costruiti in casa editrice, ma raddrizzati sì. Ho sempre avuto un'idea quasi sacra della letteratura e ho sempre preteso che i miei libri fossero miei fino all'ultima virgola. L'idea del libro 'grezzo' che poi la casa editrice finisce di portare a termine non mi appartiene. [...]"
Ora, sono in molti a sostenere che i veri scrittori non hanno bisogno di frequentare scuole di scrittura creativa, che quelli che li frequentano finiscono per scrivere libri tutti uguali e che dalle scuole di scrittura escono degli scriventi e non degli scrittori.
Voi cosa ne pensate?

16 commenti:

  1. Personalmente sono piuttosto scettica sulle scuole di scrittura, se vengono pensate e vissute come mezzo per diventare scrittori. Cerco di spiegarmi: io non credo nella possibilità di separazione tra il contenuto e la forma, penso che una certa forma nasca già per un certo contenuto e viceversa, di conseguenza non credo che ci possa essere un potenziale scrittore che ha le idee, ma non sa come scriverle (posto che tutti noi siamo "alfabetizzati"). Diverso è il discorso di Carla, quando dice che riconosce nella sua scrittura delle mancanze dal punto di vista "tecnico" e sente la necessità di qualcuno che le spieghi come determinati meccanismi linguistici possono essere usati al meglio (ad esempio come costruire un dialogo efficace, come diceva l'altra sera: in questo caso la scuola di scrittura non è uno strumento che pretende di sviluppare la creatività, ma un mezzo per migliorare la tecnica e allora può avere un senso.
    Comprendo e in parte condivido quello che sostiene Mari: anch'io ho una visione "romantica" della scrittura e penso che sarebbe interessante riflettere, a questo proposito, su un mondo parallelo, che è quello della musica: sappiamo che esistono da tempo prodotti realizzati a tavolino, con cantanti che non hanno grandi doti canore e con testi e musiche che rispondono semplicemente al gusto del grande pubblico; bene, questi prodotti hanno un grande successo nell'immediato, ma vengono immediatamente anche dimenticati, insieme ai loro autori, nella stagione successiva. Credo che anche la letteratura risponda a queste logiche, ma in un tempo un po' più lungo, come è suo costume. Insomma, i testi che finiranno nelle storie della letteratura tra cinquant'anni non saranno certamente quelli costruiti dalle case editrici secondo il gusto del pubblico e in base a parametri commerciali.

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  2. Personalmente sono a favore delle scuole di scrittura, dei laboratori di scrittura, dei seminari di scrittura. Diffido dell'offerta on-line perchè credo che il contatto umano non sia un dettaglio trascurabile. Non ho una visione romantica della scrittura, bensì un'idea faticosa che ti costringe, se si voglio ottenere buoni risultati, ad una disciplina precisa. Non credo che gli scrittori che escono dalle scuole "canoniche" soffrano di più omologazione di quelle cui tutti normalmente siamo costretti a subire nella nostra quotidianità. E' un po' come dire che i nostri scrittori del dopoguerra, quelli che ho letto io a scuola, Cassola, Vittorini, Silone... è come dire che scrivevano allo stesso modo perchè tutti parlavano dei partigiani. A volte sembra che essere pungenti a proposito di scrittori che vendono molte copie e che magari hanno solo trent'anni, e che magari escono dalla Scuola Holden, sembra che ci sia una puntina di invidia.
    Per quel che conta, trovo che il mio modo di scrivere si sia evoluto positivamente anche per merito dei laboratori, seminari, incontri che ho frequentato.

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  3. Probabilmente la critica nasce spesso dall'invidia, in questo Stella ha certamente ragione.
    Per quanto mi riguarda, però, mi sento libera di criticare perché non ho mai pensato di diventare scrittrice di mestiere, nè tanto meno di scrivere un best seller, quindi i miei giudizi sono spontanei (non potrei invidiare qualcosa che non desidero), perché scrivo solo come "divertissement" nel senso etimologico del termine, e frequento i corsi di Uniaperta soprattutto perché mi consentono di dialogare di letteratura con persone che abbiano più di dodici anni (anche se amo molto il mio lavoro...).
    Quando dico che ho un'idea romantica della scrittura, intendo dire che credo si debba avere una predisposizione per creare storie e/o poesie (insomma il "genio" non si insegna). Poi, ovviamente, l'esercizio aiuta ad evolversi e a migliorare.
    Non credo molto nella possibilità di creare scrittori dal nulla e a volte ho la sensazione che in qualche scuola o in qualche casa editrice questo avvenga. Ovviamente non si può generalizzare.
    Invece, riguardo al lavoro degli editor sono molto scettica, se non si limita alla correzione di sviste ortografiche, perché credo che ogni storia nasca con una sua lingua e una sua sintassi: in un'opera letteraria non è la storia in sè che ha valore, ma quella storia scritta in quel modo; di conseguenza non mi piace l'idea di un'intromissione da parte di altri.
    Mi rendo conto però che il mio discorso nasce da una prospettiva che è avulsa dal contesto commerciale, ma forse per deformazione professionale faccio fatica a guardare alla letteratura dal punto di vista "economico".
    Non condivido invece il paragone con Cassola, Vittorini e c., perché scrivere dello stesso soggetto non significa scrivere allo stesso modo, mentre nelle scuole di scrittura è appunto lo stile che si insegna.

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  4. Preciso innanzitutto che il post è il mio. Lorella probabilmente ha voluto difendermi da tuoni e fulmini che mi avrebbero potuto colpire :-). Proprio perché ho frequentato laboratori di scrittura e seminari, mi sono posta poi certi interrogativi. Per quello che mi riguarda le esperienze migliori sono state i laboratori del professor Benassi e di Cristian Conti, proprio perché hanno sempre parlato di scrittura senza prescindere dalla letteratura.
    Sono d'accordo con Lorella quando dice che parlare dello stesso argomento non significa scrivere allo stesso modo, esiste lo stile ed è quello che fa la differenza non tanto il contenuto.
    Se è vero che molte persone possono diventare bravi pittori, una volta apprese le tecniche di pittura, è anche vero che non sempre diventano artisti, poiché essere artisti è molto di più. Penso che lo stesso discorso si possa applicare alla scrittura, tutti possiamo imparare a scrivere un racconto, e magari anche un bel racconto, oppure vincere concorsi, quanto a diventare scrittori... beh, direi che di strada ce n'è ancora tanta da fare.
    Mi dispiace, ma il "genio" non credo proprio si possa insegnare.
    Riguardo all'invidia, Stella, prova a fare dei nomi così ci capiamo meglio.

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  5. Personalmente ho trovato costruttive tutte le esperienze che ho fatto in merito ai laboratori, corsi e seminari. A volte ho trovato dei docenti a me più congeniale, a volte ne ho trovati di noiosi. Così come ho trovato dei manuali di scrittura illuminanti ed altri banali. Credo che dipenda dalla varietà della vita in generale. Da qui a pensare che frequentando i laboratori di Benassi se ne potrebbe uscire scrittoi, o da quelli di Cristian se se esca poeti chiunque con un po' di buon senso capisce che è una scemenza! Così come mi sembra banale sottolineare di nuovo che bisogna leggere per imparare a scrivere, e che anche se hai letto tanto non è detto che si possa imparare a scrivere. Ci sono delle cose che personalmente do per scontate nei ragionamenti tra persone che hanno attitudine alla lettura e alla scrittura.
    Aggiungo inoltre che per me partecipare attivamente ad un laboratorio, o seminario, quindi producendo, facendo gli esercizi consigliati, mettendoci diciamo la faccia, è un ulteriore modo di crescere, confrontandomi con il docente e con gli altri "aspiranti scrittori".
    Per quanto riguarda i nomi, siccome vorrei essere precisa, sto preparando una ricerca, poi vi dirò.

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  6. A me le opinioni altrui non sembrano mai banali o scontate.

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  7. Per quanto mi riguarda, l'esperienza dei corsi di scrittura è stata molto importante. E non solo di quelli: anche piccoli stage di una sola giornata (a volte di un solo pomeriggio) mi hanno sollecitato beneficamente il cervello.
    Come Lorella non ho l'aspirazione di diventare "scrittrice"... ma come lei mi piace l'idea di poter migliorare. Di apprendere nuovi strumenti che mi rendano più piacevole e stimalante mettermi alla prova. Poi i risultati sono quelli che sono... ma quello è secondario. Quello che a me piace è proprio l'azione di mettermi al pc (o davanti ad un quadernetto) e vedere cosa sono capace di cavarne fuori.
    E questa volontà di dare fiducia alla mia voce, vi confesso, me la hanno insegnata proprio i corsi.
    Se poi il genio si possa insegnare o meno... non so. Probabilmente no. Ma non mi sentirei di essere assolutista. A volte personaggi geniali non sono stati riconosciuti tali dai loro contemporanei. A volte geni conclamati come tali sono stati dimenticati dalla storia. Quindi anche qui convergono tanti fattori che rendono un giudizio assoluto complicato.
    Di certo c'è che la storia dell'arte è piena di personaggi che geni non erano, ma che hanno fornito un contributo essenziale e senza di loro nulla sarebbe stato lo stesso.
    Mi viene in mente un paragone che magari non regge, però funziona nel mio cervello. Picasso per me è stato un genio. Modigliani no. Modigliani era un buon artigiano della pittura. Ma il genio, secondo me, non c'era. Eppure io, come un sacco di persone, apprezzo moltissimo la sua pittura, e le sue eleganti figurine con il collo lungo e gli occhi neri come abissi.
    Naturalmente il primo studente di arte può bacchettarmi le dita: accetterò in silenzio la punizione. :)
    Per quanto riguarda l'invidia... io ammetto di averne provata per Paolo Giordano. Quando ho letto che aveva vinto lo Strega, mi sono detta "Ma questo... che è giovane... bello... scienziato... va a vincere anche lo Strega? Non c'è giustizia, a questo mondo." Poi ho letto il suo romanzo e ho scoperto che scrive anche da dio... mannaggia a lui! :D

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  8. I laboratori di scrittura sono l'esperienza che ci ha accomunato "fisicamente", nel senso che è grazie a questa esperienza - ribadisco: estremamente positiva, se tornassi indietro rifarei tutto quello che ho fatto - che è nato il nostro gruppo. Proprio per questo ritengo che possa essere, a questo punto, un argomento anche di discussione e di confronto. Quindi, d'accordo che ogni esperienza ha in sé qualcosa di positivo, ma non capisco questo voler essere a tutti i costi "politicamente corretti".
    Sembra quasi, ma forse è soltanto una mia percezione errata, che non si voglia affrontare l'argomento. Perché?
    Per quello che mi riguarda non voglio mettere in discussione o con le spalle al muro niente e nessuno, semplicemente fare un po' il punto della situazione. Ma mi sembra di intuire che spesso ci si chiuda in una posizione di difesa, tra l'altro senza nessun motivo.
    E siccome ritengo che a volte sia necessario essere un po' "politicamente scorretti":
    BENASSI: per me indimenticabile, soprattutto per lo straordinario spessore culturale, tale da non trovarlo mai impreparato. Ho apprezzato molto il fatto che per parlare di scrittura partisse dalla letteratura.
    CONTI: è molto preparato ed è un piacere ascoltarlo, spero tanto che prossimamente le sue lezioni vadano da ottobre a giugno.
    ROTINO: interessante il punto di vista dell'editor, però l'eccesso di tecnica per me alla fine diventa un po' noioso, quindi si tratta di una esperienza che fatta una volta non sento il bisogno di ripetere (almeno per ora).
    LAURETANO: si tratta di lezioni molto piacevoli e coinvolgenti, lo consiglio.
    MONTANARI: bell'uomo (che non guasta :-)). Potenzialmente interessante e sicuramente preparato, ma troppo autoreferenziale, quindi alla lunga noioso. Pure un po' troppo arrogante e presuntuoso.
    GAWRONSKI: il format è sempre quello, che adatta ad ogni situazione senza tener minimamente conto della specificità del contesto. Avendolo ascoltato in tre diverse occasioni mi è sembrato sempre molto uguale a se stesso.

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  9. Io sono molto curiosa, invece, di provare il "Rotino 2", a cui mi sono iscritta con molte aspettative. Ho trovato il suo taglio molto accattivante. Intanto ha "sdoganato" la letteratura di genere, cosa che mi ha molto rincuorata. E poi mi è sembrato propositivo senza essere invadente. Ricordi cosa disse alla prima lezione? Che avrebbe fatto le sue osservazioni a matita, per rimarcare il fatto che dovevamo interpretarli come "consigli" e non come imposizioni. A me parve un atteggiamento molto aperto... soprattutto alla luce di alcuni giudizi che avevo sentito pronunciare sul suo conto, e cioè di un insegnante molto esigente e anche un po' burbero.
    Vedremo se alla seconda esperienza di corso manterrà fede alle aspettative.
    Montanari è uno a cui piace molto giocare il ruolo del duro. Ma secondo me è un buono scrittore ed un insegnante preparato. Molto "milanese", sotto certi punti di vista... più efficienza che cuore. Ma mi ha fatto capire alcuni concetti che - forse per imbecillità mia, non lo escludo - con Benassi mi erano rimasti nebulosi.
    E poi ha una voce sexi. ;)
    Gawronski lo considero l'esatto contrario di Montanari: più cuore e meno efficienza. E' a lui che mi riferivo, quando dicevo che i corsi mi hanno insegnato a dare fiducia alla mia voce. Non dico che lo seguirei in capo al mondo... ma sicuramente, per la mia personalissima esperienza, lui è stato molto formativo, non nel mio stile di scrittura, ma nel mio APPROCCIO alla scrittura.
    Sono troppo "politicamente corretta", perchè dico bene di tutti? Non lo so. Non so neanche se sono arroccata in una posizione di difesa. Forse sì... ma probabilmente come accade per ogni altra cosa della mia vita. Sono un'ansiosa, non mi lascio andare volentieri. E non credo che di ciò mi possa essere fatta una colpa. :)
    Ho cercare di prendere le cose buone che queste esperienze mi davano. Non di assorbire acriticamente, ma neanche di lasciarmi influenzare da inutili preconcetti.
    Poi magari non tutte le cose mi sono arrivate nel modo giusto. Però qualcosa è arrivata. E scusate se vi sembro melodrammatica... ma io di queste cose sono grata. :)

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  10. Io sono del parere che sia importante chiarire a noi stessi (ciascuno per sé, o se si vuole, anche agli altri) che cosa ci aspettiamo da un corso di scrittura, perché penso che da quello dipenda poi il nostro giudizio e la nostra maggiore o minore soddisfazione.
    Personalmente credo, non tanto per superbia quanto per necessità di mestiere, di conoscere già una buona dose di "strumenti" per leggere e scrivere la letteratura (il che, ovviamente, non fa di me una scrittrice: ho già espresso la mia opinione sul "genio"), quindi sono interessata a chi mi aiuta ad approfondire o a guardare da prospettive differenti.
    Ho apprezzato molto Cristian, perché è molto preparato e al di là degli esperimenti di scrittura, per me è stato un aggiornamento anche di tipo professionale, visto che conosco poco la poesia contemporanea. L'ho apprezzato anche come insegnante, perché ha un atteggiamento piacevole, non arrogante e mette i corsisti a proprio agio.
    Di Rotino vi saprò dire, visto che mi sono iscritta al corso.
    Altrettanto dicasi di Lauretano, anche se ho già avuto modo di ascoltarlo altrove e mi è sembrato molto interessante.
    Gawronski è stato piacevole, ma effettivamente penso che una volta (e mezzo...) sia stato sufficiente, per quanto mi riguarda, perché sono meno interessata ad un approccio "sentimentale", per mantenere l'azzeccata distinzione di Francesca tra cuore romano ed efficienza milanese.

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  11. Ho iniziato a frequentare laboratori di scrittura perché sino a quel momento mi ero avvicinata al libro unicamente da lettrice, così ho voluto provare il brivido :-) d'essere anche "scrittrice per un giorno", se così si può dire. Mi sono divertita (e mi diverto ancora, anche se sono molto pigra al riguardo) a scrivere racconti, o almeno c'ho provato, ma l'aspetto più interessante del laboratorio per me rimane quello letterario. Attraverso i laboratori ho incontrato scrittori che non conoscevo, alcuni li ho apprezzati e altri no, in ogni caso l'ho sempre considerato un arricchimento; ho avuto la possibilità di affrontare tematiche inerenti alla letteratura e conosciuto persone con le quali confrontarmi a questo proposito.I laboratori hanno cambiato anche il mio modo di leggere, rendendomi più consapevole.
    Non nutro sogni di gloria e non mi interessa diventare scrittrice, forse per questo troppa tecnica mi annoia, dal momento che "imparare a scrivere" per me è secondario.
    A questo punto qualcuno potrebbe obiettare che forse farei meglio a frequentare dei corsi di letteratura e non dei laboratori. Secondo me no, perché è attraverso la letteratura che si arriva alla scrittura e non attraverso esercizi di schede o regole a priori. D'accordo che ciascuno poi dall'esperienza prende quello che gli è più congeniale, ma siccome una certa via alla scrittura è troppo sbilanciata sul versante delle regole, ecco: non fa per me.
    Riguardo all'approccio "sentimentale", onestamente non ne sento il bisogno.

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  12. "Sentimentale" mi sembra un termine molto buffo, per un corso di scrittura. Mi fa pensare ad una signora piena di anelli e con i capelli cotonati che insegna a scrivere romanzi d'amore in dieci lezioni. Che poi, potrebbe essere persino interessante. Io mi ci iscriverei di corsa. :)
    Scherzi a parte, per quanto mi riguarda userei più il termine "emotivo", che non "sentimentale".
    Quello che io chiedo ad un buon insegnante, è che mi faccia sentire coinvolta. Che non mi tenga al di fuori di quello che sta spiegando, ma che mi ci faccia entrare dentro.
    Ma questo vale per qualsiasi cosa io desideri imparare, non solo e non necessariamente per la scrittura.
    Poi, se mi trovo davanti uno che mi obbliga a inventare cosa c'è dentro un sacchetto appoggiato su un pianoforte... scusate, ma io mi diverto come una scema. E divertirmi è un'altra delle cose che mi fanno imparare meglio le cose.
    Quanto al chiarire a se stessi cosa ci si aspetta da un corso di scrittura... e cosa ci si aspetta da sè in riferimento a questo corso, penso sia fondamentale.
    E non solo per poter poi decidere se se ne è usciti più o meno soddisfatti.
    Per quanto mi riguarda, non posso che riferirmi a quanto ho scritto qualche post sopra.
    Migliorarmi. Migliorare come lettrice, diventare più profonda e consapevole. Migliorare come "scrittrice" (nel senso di colei che compie l'atto dello scrivere, non cominciate a dire che mi monto la testa!). Migliorare anche come essere umano. Che non guasta mai, come obiettivo. :)

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  13. Francesca che si monta la testa! Poco probabile! Ma se ti dico sempre che sei troppo umile, secondo me! ;))

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  14. Francamente quando ho saputo che Università aperta organizzava un corso di scrittura mi ci sono iscritta perchè mi sembrava una cosa divertente senza tanti perchè e percome. Mi è piaciuta la prima serie di incontri con Gavronski perchè per me era una novità e sono stata delusa dalla seconda che ho trovato un po' approssimativa e tirata via (che sarebbe come dire molti soldi per nessun risultato).Quanto poi alla validità delle scuole di scrittura non ho la competenza che mi permetta di giudicare ma credo che una certa tecnica sia necessaria pur se questa non può certo supplire alla mancanza di tutto il resto. Mi divertono anche i nostri incontri e mi piacerebbe sottoporvi qualcosa ma il fatto è che non so da che parte cominciare. La mia deformazione professionale mi porta ad avere la necessità di uno schema purtroppo a discapito forse della spontaneità. Vedremo.

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  15. So che questa discussione l'abbiamo abbandonata da un po', ma ho trovato casualmente un contributo in rete; ve lo incollo qui sotto:

    Servono davvero i corsi di scrittura?


    di Maria Grazia GRECO - Scrittrice ed Agente Letteraria

    Sembra la classica domanda da 100 milioni. La risposta che viene naturale dare, è che i corsi di scrittura creativa non hanno certo senso se li si intende come fabbriche in miniatura di futuri scrittori di best-seller. Possono invece avere senso, e senza dubbio ne hanno, se li si considera secondo un'ottica non superficialmente ottimistica, ma rigorosamente tecnica. E posso affermare ciò come scrittrice, ma anche come ex allieva, e attualmente docente, di corsi di questo genere.

    "Saper scrivere non dipende dall'intelligenza o dall'impegno, è l'effetto di un dono naturale che è dato e non si può acquisire. Tutto quello che l'insegnante può fare è lavorare su quello che è dato. Ma sono convinto che molti posseggono doti non adeguatamente sviluppate o addirittura nascoste che, come semi, potrebbero crescere se venissero adeguatamente annaffiate."

    Questa è una riflessione di Wallace Stegner (Come si diventa scrittori, Milano 1994), uno tra i primi docenti americani che, intorno agli anni '50, si sono resi promotori di corsi di scrittura creativa. E non mi sembra un caso che proprio questo illustre "pioniere" sia il primo a chiarire che nessuno può insegnare ad aver talento. Ma, mi permetto di aggiungere, neanche il difficile mestiere dello scrittore è qualcosa che si può "insegnare", né di riflesso "imparare".

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